L’industria automobilistica cinese, che è la più grande del mondo, è diventata anche quella che esporta di più, dovendo quindi fare i conti con i costi di trasporto che a partire dal 2020, anno di inizio dell’emergenza pandemica, hanno subito aumenti vertiginosi – facendo, tra l’altro, aumentare il costo finale di ogni merce. Per sostenere il mercato estero e riuscire a soddisfare una domanda in crescita e al contempo riuscire a ridurre e/o stabilizzare i costi di trasporto, le compagnie automobilistiche cinesi hanno scelto la via che porta alla costruzione di una propria flotta di navi per il trasporto dei veicoli nel mondo. Questo investimento inziale permetterà alle compagnie cinesi di fare proprio l’ultimo anello della catena di approvvigionamento, riflettendosi in maggior certezza nel costo del trasporto della propria merce. Ovviamente questo va a tutto vantaggio della cantieristica navale la quale certamente costituisce un volano importante su diversi settori dell’economia cinese.
L’industria automobilistica cinese, la più grande al mondo, che sforna quasi 30 milioni di veicoli all’anno, dallo scorso anno è diventata anche quella che esporta di più nel mondo, superando il Giappone. Dopo il picco di esportazione del 2012, anno in cui la Cina produsse più di un milione di veicoli, si è dovuto aspettare il 2018 per tornare sopra tale cifra, più o meno stabile nei due anni seguenti.
La sua prodigiosa ascesa inizia nel 2021 con più di due milioni di veicoli esportati, seguito da un 2022 con più di tre milioni di veicoli esportati, per arrivare al 2023 con 5,2 milioni di veicoli esportati in più di 200 stati e regioni nel mondo, scalzando così il Giappone dal gradino più alto del podio. Il volume economico delle esportazioni cinesi del 2023 ha toccato il record storico di 101,6 miliardi di dollari.
Questo è potuto accadere perché la catena di approvvigionamento per la produzione automobilistica cinese è pressoché completa e i costi sono inferiori, rendendo così possibile l’aumento delle esportazioni automobilistiche cinesi, specie a partire dal 2020-2021 quando è iniziata la carenza di automobili a livello mondiale.
Le case automobilistiche sono però alle prese con sfide importanti come l‘impennata degli affitti, i vincoli di capacità di spedizione e l’intensa concorrenza per i vettori navali di trasporto dei veicoli. I dati forniti da Clarksons Research, leader globale nella consulenza marittima, mostrano che da agosto 2020 a fine novembre 2023, la tariffa di noleggio per un anno di tempo per un vettore di auto e camion da 6.500 Car Equivalent Unit (CEU) è passata da 10.000 dollari al giorno a 115.000 dollari al giorno, dunque da 3,65 milioni di dollari annui a 41,975 milioni all’anno.
Per sostenere le esportazioni di automobili, le principali case automobilistiche cinesi, tra cui BYD, Chery e SAIC, si sono così avventurate nella creazione di proprie flotte navali. Attualmente, la Cina ha 39 navi da trasporto per un totale di 115.000 CEU, che rappresentano solo il 2,8% della capacità di spedizione globale, in cui primeggiano Giappone e Corea del Sud. Con il fiorire dell’industria cantieristica navale e l’aumento delle esportazioni di automobili, la tendenza delle case automobilistiche cinesi a utilizzare navi di costruzione nazionale per il trasporto è diventata più marcata.
Attualmente, i cantieri navali cinesi hanno il più alto numero di nuovi ordini al mondo per le navi car carrier. Ad esempio, Guangzhou Shipyard International Company Limited non accetta nuovi ordini fino al 2028. La Cina calcola che tra cinque anni la flotta marittima cinese aumenterà significativamente la propria quota globale di capacità di trasporto auto, prevedendo di piazzarsi alla quarta posizione, dietro a Giappone, Corea del Sud e Norvegia.
Il raggiungimento di prestazioni ad alto costo ha un carattere strategico per la competitività globale. In questo caso, l’acquisto di navi da parte delle case automobilistiche o collaborazioni a lungo termine di queste con le compagnie di navigazione locali, possono fornire soluzioni di trasporto più competitive, con costi stabili e certi e garantendo la continuità d’esportazione. Inoltre, questo assicurerebbe sicurezza e stabilità alla catena di approvvigionamento, andando ad aggiungere il tassello finale.