Articolo tratto da Monthly Report n°31, febbraio 2024, “Chi ha paura di Julian Assange”, L’Indipendente
«La stessa parola segretezza è ripugnante in una società libera e aperta» ebbe a dire l’ex presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy, poi assassinato a Dallas nel 1963. Tuttavia, l’occultamento delle informazioni e le attività dei servizi segreti continuano a costituire una parte apparentemente non rinunciabile per ogni Stato, inclusi quelli democratici che pongono alla base del loro ordinamento la trasparenza e la responsabilità pubblica, dando luogo a una coesistenza intrisa di difficoltà. Non sempre i servizi segreti devono fare i conti con sistemi e modelli basati su un processo democratico in quanto essi sono presenti in ogni Paese a prescindere dalla forma di governo data, tanto da precedere la forma democratica. Nelle democrazie rappresentative, in cui l’operare dei servizi segreti è in qualche modo regolato e controllato, questo rapporto finisce per creare delle storture (quando non delle
vere e proprie sovversioni) della stessa democrazia.