Sebbene l’apprendimento risponda all’esigenza universale di sapere, la scuola, in quanto istituzione sociale, non può che essere il riflesso della società in cui è immersa. Infatti, nella sua più vasta accezione, la scuola è frutto di un costrutto sociale e quindi non sempre si identifica alla stessa maniera e varia nel tempo e nei luoghi. Infatti, se per scuola intendiamo quel luogo (fisico, adesso anche digitale) in cui si impartisce l’istruzione e l’educazione, il sociologo francese Émile Durkheim, nel suo Education et Sociologie (Sociologia ed educazione) del 1922, scriveva: “[…] l’educazione in uso in una società determinata e considerata ad un momento determinato della sua evoluzione è un insieme di pratiche, di maniere di fare, di usi, che costituiscono dei fatti perfettamente definiti e che hanno la stessa realtà degli altri fatti sociali. Non sono, come si è creduto per lungo tempo, delle combinazioni più o meno arbitrarie ed artificiali, che non devono la loro esistenza che all’influenza capricciosa di volontà sempre contingenti. Esse, al contrario, costituiscono delle vere istituzioni sociali. Non vi è essere umano che possa far sì che una società abbia, ad un determinato momento, un altro sistema educativo che quello che è implicito nella sua struttura, alla stessa maniera nella quale è impossibile ad un organismo vivente di avere altri organi ed altre funzioni che quelli che sono impliciti nella sua costituzione”. Il mercato capitalistico e la disciplina militare fanno da padrone oggigiorno e costituiscono la centralità del costrutto sociale entro cui la scuola è inquadrata e perciò assistiamo all’aziendalizzazione e alla militarizzazione dell’istruzione pubblica, come due compenti di uno stesso fenomeno sociale, come due facce di una medesima medaglia.
Aziendalizzazione
Lo scorso 28 giugno, all’istituto comprensivo Pietro Vanni di Viterbo è stato dato il via libera all’unanimità a un progetto di raccolta fondi per la risistemazione della struttura, all’interno della quale si prevede l’intitolazione delle aule a quelle aziende che si faranno carico dei costi dei lavori. Questo produrrà uno scenario in cui un luogo pubblico di formazione e apprendimento si trasformerà, di fatto, in uno spazio pubblicitario offrendo quindi un ulteriore margine di manovra alla promozione di interessi privati in ambito pubblico. In questo modo, e in molti altri, i luoghi per eccellenza della cultura pubblica si stanno progressivamente trasformando in una fucina sterile al servizio delle multinazionali, in quel vasto fenomeno che va sotto il nome di “aziendalizzazione” del sistema scolastico. Questo è assolutamente in linea con quanto sta accadendo già da tempo alla scuola pubblica negli Stati Uniti, dove le cose avvengono tempo prima che poi arrivino anche da noi, con corsi, programmi e aule di “marca” come nel caso della Cajon High School di San Bernardino, in California, che già dal 2018 ha dato vita ad Amazon Logistics and Business Management Pathway. D’altronde, lo stesso Word Economic Forum (WEF), la confindustria mondiale, ha già delineato quale sia il futuro della scuola e la sua necessaria riforma in funzione degli interessi aziendali e del “mondo del lavoro”. New Educational Institution (NEI, Nuova Istituzione Educativa) è quanto propone il WEF per la riforma scolastica, ovvero un’istruzione vista sempre più come preparazione al lavoro, da cui scompare o diventa molto marginale lo sviluppo del senso critico e la formazione culturale personale, per fare posto alla componente digitale, informatica e di business, ove la partnership con le aziende diventa centrale.
L’aziendalizzazione e la smisurata influenza dei privati sull’istruzione la ritroviamo anche nel modo in cui le aziende si infiltrano nella scuola pubblica attraverso la formazione di docenti e studenti, il reclutamento indiretto attraverso percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO), i tirocini curriculari e le uscite didattiche, i career days nelle università, e ancora i master e i corsi di laurea attraverso finanziamenti, partenariati, l’acquisto di brevetti e ricerche e attraverso i comitati di indirizzo dei singoli corsi di laurea. Sempre nel quadro del fenomeno dell’aziendalizzazione si inserisce l’istituzione, nel 2022, dei licei TED (Transizione Ecologica e Digitale), con la collaborazione della rete di grandi gruppi e imprese che aderiscono al Consorzio di aziende CONSEL, in cui figurano Microsoft, Eni, Atlantia, Huawei, BNL, Enel, Generali, IBM, Leonardo, Cisco, Nokia, Oracle Sky, Vodafone, Snam e molti altri. Non solo. Lo scorso 24 giugno un ulteriore passo per la privatizzazione dell’istruzione pubblicata è stato fatto con l’istituzione della Fondazione per la Scuola Italiana. Quest’ultima, presentata a Milano, è un ente no-profit che opererà in coordinamento tra il ministero dell’Istruzione e del Merito e cinque aziende italiane, UniCredit, Banco BPM, Enel Italia S.p.A, Leonardo S.p.A e Autostrade per l’Italia, per gestire risorse ed esigenze del mondo dell’istruzione attraverso lo sviluppo di progetti e bandi. Nell’occasione, il Ministro Giuseppe Valditara, ha dichiarato: «All’insegna di una grande alleanza tra pubblico e privato, è importante incoraggiare anche gli investimenti del mondo dell’imprenditoria e della finanza per contribuire a supportare, in sintonia con le politiche pubbliche, il sistema scolastico, rendendolo sempre più competitivo. In questa direzione va la costituzione della Fondazione per la scuola italiana». Anche per giustificare una tale scelta, il ministero ha sottolineato, sul proprio sito, come in Italia gli investimenti dei privati nella scuola rappresentino solamente lo 0,5% delle spese totali rispetto alla media OCSE, che invece si attesta al 2%.
Nel bel mezzo dell’estate, quando il sole cocente porta in tanti a ripararsi sotto gli ombrelloni e a rinfrescarsi facendo il bagno al mare, è poi arrivata la riforma della scuola voluta dal Ministro Valditara. I primi di agosto è stata infatti presentata la riforma della scuola che inserisce il così detto modello “4+2”, con l’approvazione della Camera dei Deputati, che si propone di formare in maniera organica gli alunni alle professioni richieste dal tessuto economico locale e di inserire nel corpo docenti profili che provengono dal mondo del lavoro e dell’impresa. Il cuore della riforma del modello “4+2” è quello di prevedere un ciclo di studi di quattro anni per ottenere un diploma che abbia lo stesso valore legale del quinquennale tradizionale, al quale però può far seguito una specializzazione di due anni da conseguire presso gli ITS Academy o altre istituzioni di formazione superiore non accademica. Con la riforma è stato formalmente dato il via libera a veri e propri contratti con «soggetti del sistema delle imprese e delle professioni» chiamati a svolgere attività «di insegnamento e di formazione nonché di addestramento nell’ambito delle attività laboratoriali e del Pcto», come viene ora chiamata l’alternanza scuola-lavoro. La riforma ha suscitato molte critiche da parte delle forze di opposizione e di numerose associazioni e sigle sindacali, che la ritengono l’ultimo tassello della deriva della scuola italiana verso la subalternità alle imprese e a un’eccessiva dipendenza da finanziamenti privati.
Militarizzazione
Ma al processo di aziendalizzazione della scuola pubblica si accompagna quello della militarizzazione, spesso in stretta relazione, quasi come fossero due componenti di un medesimo e vasto fenomeno di impoverimento dell’istruzione come carattere di formazione sociale, critica e individuale. Se analizzate all’interno di un quadro di riferimento che prende il nome di complesso militare-industriale, aziendalizzazione e militarizzazione risultano quindi essere due facce di una medesima medaglia che da un lato orienta al mercato e all’interesse privato mentre dall’altro irreggimenta e disciplina. «Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro», ebbe a dire nel 1961 l’allora Presidente degli Stati Uniti, Dwight Eisenhower, che per primo coniò il termine “complesso militare-industriale”. L’azienda Leonardo, coinvolta nella Fondazione per la Scuola Italiana, è senz’altro la punta di diamante del settore privato facente parte del complesso militare-industriale.
Nell’aprile scorso, prima che iniziasse l’estate, all’Istituto Comprensivo “Enzo Drago” di Messina si è festeggiata la “Giornata del Mare” con tanto di incontro formativo per gli studenti. L’ospite d’eccezione della giornata di festa organizzata dalla scuola non era uno studioso o un ricercatore universitario, oppure un rappresentante delle tante organizzazioni ambientaliste, culturali o sportive che operano a Messina a difesa e promozione del territorio e dello Stretto. L’ospite d’onore dell’“incontro formativo” era invece un ufficiale della Marina Militare, il Sottotenente di Vascello Giuseppe Pala. La Sicilia, terra ove si trovano importanti installazioni e basi militari, tra cui Sigonella, sembra essere una regione molto attrattiva per le iniziative “militari-scolastiche”, forse anche per la sua difficile condizione economico-sociale, una connotazione spesso importante per le regioni e i luoghi ove intraprendere iniziative che altrove sarebbero guardate con forte sospetto.
Il fenomeno però è ormai diffuso in tutta Italia e in tutte le scuole di ordine e grado, dimostrando la deriva del sistema scolastico verso un differente modello, in cui l’appiattimento all’autorità sostituisce la funzione di formazione critica dei futuri cittadini. Questo è dimostrato da progetti come “I come Intelligence”, frutto di un recente accordo, senza precedenti in Italia, tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito e il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), l’organo della Presidenza del Consiglio a capo dei servizi segreti. Nell’ambito di questo accordo è stato istituito un percorso itinerante rivolto agli studenti del primo biennio delle scuole superiori. «L’iniziativa, che attraverserà l’Italia da nord a sud e nelle isole, permetterà ai giovani di esplorare la storia, il linguaggio, i protagonisti e l’organizzazione dei Servizi Segreti italiani, oltre alle principali minacce del mondo contemporaneo. L’intesa prevede l’organizzazione di iniziative di divulgazione e formazione per ampliare l’offerta formativa degli studenti delle scuole superiori, favorendo la consapevolezza sulle funzioni assegnate all’Intelligence italiana», è quanto scritto sul sito del Sistema Informazione per la Sicurezza della Repubblica.
Nessuno studente è al riparo dalla pervasiva strategia militaresca nei confronti della scuola. Per i più piccoli, per i bambini, si utilizzano tecniche di marketing di fidelizzazione per tramite di oggetti scolastici brandizzati, come mostrato dal tentativo di mettere in commercio zaini dell’esercito in collaborazione con Giochi Preziosi. Mentre per i più grandi, per gli universitari, la militarizzazione dell’istruzione è tale da arrivare a coinvolgere gli studenti nei “giochi” militari, come accaduto con le esercitazioni NATO del maggio scorso in Sardegna, con la partecipazione attiva di studenti provenienti da 13 atenei italiani.
Il conflitto in Ucraina prima e quello in Palestina poi hanno però dato impulso ad una profonda discussione e critica del sistema educativo nel nostro Paese. Infatti, come già detto precedentemente, risulta sempre più evidente come la scuola italiana, dai gradi inferiori fino ad arrivare alle Università, stia perdendo la propria funzione di formazione critica-sociale, a vantaggio di un modello che privilegia le aziende private – e i loro interessi – e l’apparato militare-autoritario che tende ad irreggimentare la società. Durante questo percorso, migliaia tra studenti, professori e accademici, così come semplici cittadini, hanno deciso di fermarsi e protestare contro un modello ritenuto eticamente, moralmente e pedagogicamente sbagliato. Un esempio di mobilitazione contro questa deriva è l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole che cerca di far emergere le storture del sistema scolastico italiano e l’intrusione all’interno di esso di interessi avulsi rispetto alla propria missione civica e sociale di formazione critica. Sull’onda delle proteste contro il genocidio in corso in Palestina, molte Università italiane sono state incalzate da studenti e da accademici circa le collaborazioni e le partnership con aziende e istituzioni che supportano le uccisioni di massa dei palestinesi, chiedendo la cessazione delle medesime. In questi casi è del tutto palese come aziendalizzazione e militarizzazione siano due espressioni di un medesimo fenomeno che coinvolge, e travolge, il sistema scolastico ed educativo italiano, sempre più al servizio di aziende private e profitto e di logiche di guerra, distruzione e morte.