L’era del controllo totale

Ogni secondo di ogni giorno, i cittadini vengono spiati da una vasta rete di guardoni digitali, intercettatori elettronici e ficcanaso robotici. Veniamo ascoltati, guardati, tracciati, seguiti, mappati: è la nuova era dello spionaggio pubblico-privato, resa possibile da un esercito globale al servizio dei tecno-tiranni i quali tracciano i nostri movimenti, le nostre spese, fiutano i nostri pensieri, controllano le nostre azioni e relazioni. L’era che stiamo vivendo, caratterizzata da uno sviluppo senza precedenti della tecnologia, porta con sé una grave minaccia per la natura umana. Un’architettura globale di sorveglianza, ubiqua e sempre in allerta, osserva e indirizza il nostro stesso comportamento per fare gli interessi di una strettissima cerchia di persone. Dalla compravendita dei nostri dati personali e dalle predizioni dei nostri futuri comportamenti, questa ristretta cerchia di super-ricchi trae un’enorme ricchezza e un immenso potere. Questa, nelle parole di Shoshana Zuboff, è l’era del “capitalismo della sorveglianza”.

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Il grande spettacolo dell’informazione mainstream

Come l'Homo Videns viene plasmato nella società dell'eterno spettacolo: dall'infotainment, che mischia informazione e intrattenimento, all'infodemia, al marketing politico, internet, social network. Da questo ne consegue una sempre maggior atomizzazione della società e degli individui che la compongono, inquadrati come i format che seguono davanti allo schermo, replicabili e sostituibili. Nel flusso continuo della produzione sociale dell'irreale spettacolare, gli individui appaiono come osservatori attivo-passivi nella mediazione dei rapporti sociali della moderna società dello spettacolo.

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L’incompatibilità svelata tra intelligence e democrazia

L'occultamento delle informazioni e le attività dei servizi segreti continuano a costituire una parte apparentemente non rinunciabile per ogni Stato, inclusi quelli democratici che pongono alla base del loro ordinamento la trasparenza e la responsabilità pubblica, dando luogo a una coesistenza intrisa di difficoltà. Non sempre i servizi segreti devono fare i conti con sistemi e modelli basati su un processo democratico in quanto essi sono presenti in ogni Paese a prescindere dalla forma di governo data, tanto da precedere la forma democratica. Nelle democrazie rappresentative, in cui l’operare dei servizi segreti è in qualche modo regolato e controllato, questo rapporto finisce per creare delle storture (quando non delle vere e proprie sovversioni) della stessa democrazia.

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